top of page

Il Borgo Marinari è un posto incantevole, ubicato sull'Isolotto di Megaride, a ridosso del Castel dell'Ovo, nel quartiere San Ferdinando. Esso è unito alla terraferma tramite un istmo artificiale collegato col Borgo Santa Lucia.

locali di notte
borgo-marinari
borgo marinari notte
locali borgo marinari

La vita del borgo è legata alle attività del suo porticciolo e di quelle del confinante borgo Santa Lucia di cui costituisce lo sbocco a mare. In passato da qui partivano gli scafi blu dei contrabbandieri di sigarette. Solo negli anni '90 le forze dell'ordine sono riuscite a debellare definitivamente questi lucrosi traffici. Oggi il borgo è stato ripulito e ospita prevalentemente attività culturali e turistiche. Il porticciolo supporta il funzionamento dei circoli nautici della banchina Santa Lucia dove sono ormeggiati numerosi    motoscafi,  yacht  e barche a vela.

Oltre al castello, il borgo consta di poche abitazioni. I sei palazzi, tutti a due piani, ed al centro c'è una piazzetta. Data la vocazione turistica, le attività commerciali sono per lo più bar e ristoranti, ma non mancano negozi ed officine per la nautica.

 

Cose da vedere:

  • Il Castel dell’Ovo, il più antico della città, ed è uno degli elementi che spiccano maggiormente nel celebre panorama del golfo.

Il castello è aperto dalle ore 9 alle 18,30; l’ingresso è gratuito, però è necessaria la prenotazione sul sito https://ingressi.comune.napoli.it/castelovo/

 

  • Il porticciolo

 

  • I pittoreschi bar

        

Tempo per la visita:

Per vedere il Borgo Marinari è sufficiente 1 ora, anche considerando di sedersi al bar per una consumazione.

Se si vuol vedere anche il Castel dell’Ovo, si deve aggiungere almeno un’altra mezz’ora.

Come arrivare al Borgo Marinari

Il sistema più economico è un bus di linea n° 151 che parte da piazza Garibaldi. Bisogna scendere a Santa Lucia Regione, oppure a Chiatamone, poi andare a piedi (circa 200 metri) al Borgo Marinari.

Soluzione alternativa è selezionare altri 2 o 3 siti da vedere e noleggiare un auto con conducente (per gruppi di 4-6 persone) che consente un’escursione privata che vi permette di diminuire drasticamente i trasferimenti in bus e ottimizzare la giornata, visitando molti altri siti anche ad una certa distanza da Napoli (Pozzuoli, Bacoli, Posillipo, Monte di Procida, ecc….).

Per tale soluzione, spesso vi sono tariffe promozionali molto vantaggiose (consultare il sito: www.escursionicampania.com)

 

Storia

L'isolotto di Megaride già nel I secolo a. C. era sede di una dépendance della Villa di Licinio Lucullo. Nel V secolo qui si insediarono alcuni monaci Basiliani che fondarono il loro convento, dedicato prima a San Salvatore e, successivamente, a San Sebastiano. Per questo motivo l'isolotto venne chiamato Isolotto di San Salvatore. Oggi del convento rimane solo la chiesa di San Salvatore.

Per la minaccia di un'invasione normanna, in tarda epoca ducale, i monaci vennero trasferiti, per far posto ad un fortilizio. Dopo la conquista di Napoli, i Normanni affidarono la trasformazione del fortilizio in fortezza, all'architetto Buono. Questo è l'embrione di Castel dell'Ovo.

Origini del nome

Un'antica leggenda vuole che il suo nome derivi dall'aver il poeta latino Virgilio nascosto nelle segrete dell'edificio un uovo magico che aveva il potere di mantenere in piedi l'intera fortezza. La sua rottura avrebbe però provocato non solo il crollo del castello, ma anche una serie di rovinose catastrofi alla città di Napoli. Durante il XIV secolo, al tempo di Giovanna I, il castello subì ingenti danni a causa del crollo parziale dell'arco sul quale è poggiato e, per evitare che tra la popolazione si diffondesse il panico per le presunte future catastrofi che avrebbero colpito la città, la regina dovette giurare di aver sostituito l'uovo.

 In verità fu questa una delle tante ‘magie’ che si attribuirono nel Medio Evo alla figura di Virgilio, fama scaturita dalla circostanza che il poeta visse a lungo a Napoli, città che molto amava e nella quale era diventato un personaggio noto e autorevole, ritenuto un uomo capace appunto di poteri superumani, poteri che, a quanto pare, egli non si curò di smentire.

Come racconta Bartolomeo Caracciolo detto Carafa (1300-1362) al cap. XVII delle sue Chroniche de la inclyta cità de Napole etc. - una storia di Napoli che fu in un primo tempo erroneamente attribuita a Giovanni Villani in quanto ne riportava alcuni brani, in realtà Virgilio, divenuto amico dell’allora magister civium (‘sindaco’) della città, un nipote dell’imperatore Ottaviano Augusto di nome Marcello, era stato da questi ingaggiato come suo consigliere per i lavori di bonifica che urgevano alla città, agglomerato urbano allora molto infetto perché mancante di chiaviche e oppresso da zone paludose, quindi infestato da roditori e insetti apportatori di pestilenze.

Virgilio, buon conoscitore della materia perché istruito in ciò soprattutto dagli insegnamenti del padre, il quale era stato proprietario terriero, agricoltore, apicultore e allevatore, indirizzò e guidò vasti e molteplici lavori di bonifica, anche se, come ricorda l’ubicazione della sua tomba, fu ricordato soprattutto per aver promosso lo scavo originario (o l’allargamento) della lunga galleria sotterranea che portava da Mergellina verso Bagnoli e che evitava ai viaggiatori sia il faticoso scavalcamento della collina di Posillipo sia in alternativa la lunga deviazione per utilizzare l’altro passaggio sotterraneo, quello di Seiano, per raggiungere il quale bisognava però percorrere tutta la costiera di Posillipo.

Poiché tutti quei lavori ebbero grande e straordinario successo, essendosi eliminati così tanti disagi che avevano da secoli reso molto più difficile la vita civile dei napoletani, questi incominciarono appunto a considerare Virgilio una specie di mago, a ciò forse anche indotti dall’appartenere la famiglia di sua madre alla gens Magia. Ma questa diceria dell’uovo nel castello venne fuori in verità non prima del Basso Medioevo, probabilmente inventata per spiegare in una maniera fantastica come il Castrum Lucullianum si fosse guadagnato quel nome popolare di ‘castello dell’ovo’, nome che già si legge nei documenti del secolo tredicesimo relativi al regno di Carlo I d’Angiò e dovuto alla sua forma appunto ovulare, forma che gli era stata data da Ruggiero il Normanno nel secolo precedente quando questo re lo aveva ricostruito sulle rovine preesistenti. Il predetto Carafa riportò quella leggenda con dovizia di particolari e unitamente a diverse altre che riguardavano Virgilio (Era in nel tempo delo dicto Virgilio uno Castello edificato dentro mare sopra uno scoglio come per fino mò; el quale se chiamava ‘lo Castello Marino’ ouero ‘di mare’… Ib. Cap. XXXI).

Purtroppo le verità storiche a volte sono dimenticate e quindi perdute, mentre le leggende sono molto longeve e spesso persino gli storici le prendono in considerazione; ma fortunatamente gli archivisti napoletani dell’Ottocento erano qualificati studiosi e i documenti che studiavano dicevano che era stata appunto la particolare forma del castello - poi detto ufficialmente ‘di S. Salvatore’ perché contenente una chiesetta a quel santo dedicata - e non le pretese ‘magie’ di Virgilio ad aver fatto nascere quel nome popolare. La curiosità fu che gli spagnoli del Gran Capitán Gonçalo Hernandez de Còrdova y Aguilar che nel 1503 conquistarono il Regno di Napoli, sentendo chiamare il castello ‘Castel dell’Ovo’, capivano, a causa della quasi uguale pronuncia, Castillo del Lobo (‘Castello del Lupo’) e così per un paio di secoli continuarono pertanto a chiamarlo in Spagna e in Fiandra (… Castel del Ovo: a que corruto o nome, çhaman Castel del Lobo. In Joam de Castro, Discurso da vida do sempre bem vindo et apparecido Rey Dom Sebastiam etc. P. 4 verso. Parigi, 1602.

Megaride e il Castrum Lucullanum

Il castello sorge sull'isolotto di tufo di Megaride (greco: Megaris), propaggine naturale del monte Echia, che era unito alla terraferma da un sottile istmo di roccia. Questo è il luogo dove venne fondata Parthènope nell'VIII secolo a.C., per mano cumana.

Nel I secolo a.C. Lucio Licinio Lucullo acquisì nella zona un fondo assai vasto (che secondo alcune ipotesi andava da Pizzofalcone fino a Pozzuoli) e sull'isola costruì una splendida villa, Villa di Licinio Lucullo, che era dotata di una ricchissima biblioteca, di allevamenti di murene e di alberi di pesco importati dalla Persia, che per l'epoca erano una novità assieme ai ciliegi che il generale aveva fatto arrivare da Cerasunto. La memoria di questa proprietà perdurò nel nome di Castrum Lucullanum che il sito mantenne fino all'età tardoromana.

In tempi più oscuri per l'Impero - metà del V secolo - la villa venne fortificata da Valentiniano III e le toccò la sorte di ospitare il deposto ultimo Imperatore di Roma, Romolo Augusto, nel 476.

Successivamente la morte di Romolo Augusto, sull'isolotto di Megaride e su monte Echia, già alla fine del V secolo, si insediarono monaci basiliani chiamati dalla Pannonia da una matrona Barbara con le reliquie dell'abate Severino. Allocati inizialmente in celle sparse (dette "romitori basiliani"), i monaci adottarono nel VII secolo la regola benedettina e crearono un importante scriptorium (avendo probabilmente a disposizione anche quanto restava della biblioteca luculliana).

Il Medioevo: il Ducato di Napoli, i re normanni, svevi e angioini

Nell'872, sull'isolotto al tempo denominato di San Salvatore i Saraceni imprigionano il vescovo Atanasio di Napoli, ma lo sforzo congiunto delle flotte del Ducato di Napoli e della Repubblica di Amalfi permette di liberare il vescovo e scacciare i musulmani. Il complesso conventuale venne però raso al suolo all'inizio del X secolo dai duchi di Napoli, per evitare che vi si fortificassero di nuovo i Saraceni usandolo come base per l'invasione della città, mentre i monaci si ritirarono a Pizzofalcone. In un documento del 1128 nel sito viene nuovamente citata una fortificazione, denominata Arx Sancti Salvatoris dalla chiesa di San Pietro che vi avevano costruito i monaci. Testimone dell'insediamento dei monaci basiliani è proprio quanto resta di questo luogo di culto, fondato dagli stessi monaci e le cui prime notizie risalgono al 1324. L'unico elemento architettonico di rilievo rimasto è l'ingresso preceduto dai grandi archi del loggiato.

Ruggiero il Normanno, conquistando Napoli nel 1140 costruì il castello che venne portato a termine dall'architetto Buono. L'uso abitativo del castello tuttavia veniva sfruttato solo in poche occasioni dato che, con il completamento del Castel Capuano, furono spostate lì tutte le direttrici di sviluppo e di commercio verso terra. Con i Normanni, iniziò un programma di fortificazione sistematica del sito, che ebbe nella torre Normandia il suo primo baluardo, ed era quella su cui sventolavano le bandiere.

Con il passaggio del regno agli Svevi attraverso Costanza d'Altavilla, castel dell'Ovo viene ulteriormente fortificato nel 1222 da Federico II, che fa costruire altre torri - torre di Colleville, torre Maestra e torre di Mezzo. In quegli anni, il castello divenne una residenza e anche prigione di stato.

Il re Carlo I d'Angiò si insediò a Castel Nuovo (Maschio Angioino). Mantenne tuttavia a castel dell'Ovo - che proprio in questo periodo comincia ad essere denominato chateau de l'Oeuf o castrum Ovi incantati - i beni da custodire nel luogo meglio fortificato: ne fece quindi la residenza della famiglia, apportandovi allo scopo numerosi restauri e modifiche, e vi mantenne il tesoro reale. In questo periodo, in quanto prigione di stato, nel castello vi fu rinchiuso Corradino di Svevia prima di essere decapitato nella piazza del Mercato, e i figli di Manfredi e della regina Elena Ducas.

Dopo un evento sismico che nel 1370 aveva fatto crollare l'arco naturale che costituiva l'istmo, la regina Giovanna lo fece ricostruire in muratura, restaurando anche gli edifici normanni. Dopo avere abitato il castello come sovrana, la regina qui venne imprigionata dall'infedele nipote Carlo di Durazzo, prima di finire in esilio a Muro Lucano.

Gli Aragonesi, i viceré, i Borbone

Alfonso V d'Aragona, iniziatore della dominazione aragonese a Napoli (1442 – 1503), apportò al castello ulteriori ristrutturazioni, arricchendo il palazzo reale, ripristinando il molo, potenziando le strutture difensive e abbassando le torri.

Successogli al trono il figlio Ferrante I, ricevuti saccheggiamenti dalle milizie francesi, egli per riappropriarsi del castello dovette bombardarlo con l'artiglieria.

 Il castello fu ulteriormente danneggiato dai francesi di Luigi XII e dagli spagnoli di Gonzalo Fernández de Córdoba, che spodestarono per conto di Ferdinando II di Aragona, re di Spagna, l'ultimo re aragonese di Napoli. Nel 1503 l'assedio di Ferdinando il Cattolico demolì definitivamente quanto restava delle torri. Il castello fu allora nuovamente e massicciamente ristrutturato, assumendo la forma che oggi vediamo. Mutati i sistemi di armamento - dalle armi da lancio e da getto alle bombarde - furono ricostruite le torri ottagonali, ispessite le mura, e le strutture difensive furono orientate verso terra, e non più verso il mare. Sconfitti i francesi per due volte, a Cerignola e sul Garigliano, avvenne la completa conquista dell'intero Regno di Napoli in favore della Spagna.

Durante il regno dei Viceré spagnoli e successivamente dei Borbone il castello fu fortificato ancor più con batterie e due ponti levatoi. La struttura perse completamente la funzione di residenza reale e dal XVIII secolo anche il titolo di "fabbrica reale", e venne adibito ad accantonamento ed avamposto militare - dal quale gli spagnoli bombardarono la città durante i moti di Masaniello - e a prigione, dove fu recluso fra gli altri il filosofo Tommaso Campanella prima di essere condannato a morte, e più tardi alcuni giacobini, carbonari e liberali fra cui Carlo Poerio, Luigi Settembrini, Francesco De Sanctis.

Dall'Unità d'Italia a oggi

Durante il periodo del cosiddetto "Risanamento", che cambiò il volto di Napoli dopo l'Unità d'Italia, un progetto elaborato dall'Associazione degli scienziati letterati e artisti nel 1871 prevedeva l'abbattimento del castello per far posto ad un nuovo rione. Nel dopoguerra alcune famiglie della marina militare andarono ad abitare lì, finendo poi di essere sfrattate nel 1980 per il risanamento del castello e per farlo diventare un luogo di cultura per Napoli.

Oggi è annesso allo storico rione di Santa Lucia ed è visitabile. Nelle grandi sale si svolgono mostre, convegni e manifestazioni. Alla sua base sorge il porticciolo turistico del "Borgo Marinari", animato da ristoranti e bar, sede storica di alcuni tra i più prestigiosi circoli nautici napoletani.

bottom of page